rec. La storia di Cristo di G. Papini
Pubblicato in:: Gazzetta di Parma, anno CLXII, n. 88, p. 1
Data: 13 aprile 1921
Papini è un uomo sincero: come uomo e come scritture. E questa sincerità — rara virtù negli uomini e più negai scrittori! — trovò la sua concreta espressione nei vari atteggiamenti dell'uomo» e dello scrittore. Papini, sia ch'egli vestisse la seria toga del filosofo o la divisa arlecchinesca del futurista. E fu, a suo tempo, sincero filosofo e sincero futurista.
Oggi è venuto a noi in veste cristiana. E noi, che lo sappiamo in buona fede, appunto perchè la sua sincerità non sa fallire, lo ascoltiamo riverenti e gli crediamo con sicura fede.
Questa sua recentissima «Storia di Cristo» che egli pubblicherà con i tipi editoriali del Vallecchi di Firenze è un grosso volume di 700 pagine, è — come si suol dire in linguaggio moderno — una vera «rivelazione». Nuova rivelazione di un nuovo Papini, che già altre rivelazioni offrì di se stesso, dei suo genio, del suo ingegno e della sua inesauribile versatilità. E' proprio quando questa sua inesauribile ricchezza di ingegno lo stesso Papini affermò d'avere arrestato, di.... moto proprio, sul cammino della sua produzione intellettuale, pubblicando quella forte opera autobiografica che, è «Un uomo finito», alla interminabile schiera dei suoi ammiratori e dei suoi lettori apparve ben sicuro che.... l'uomo non era punto finito, e tanto meno lo scrittore che nel medesimo istante della sua confessata fine iniziò una vita più laboriosa e più intensa di menzioni letterarie d'ogni specie.
Oggi è il medesimo i «uomo finito», che nasce per una millesima volta,. Come, d'Annunzio, egli è il «multanime»; come l'Immaginifico, egli è colui che rinasce ad ogni mattino della sua esistenza. Un nomo che non ha fine; uno scrittore che non conosce arresti di sorta.
E, come sempre, la «nuova vita» apre agli occhi insazii di questo geniale scrittore nuovi orizzonti nei quali il suo sguardo può spaziare senza stanchezza. E più vasti appaiono ora questi orizzonti, mentre la «nuova vita», nella quale rinasce l'uomo e lo scrittore, mostra di essere rischiarata dall'aurora della «vera vita», la Vita, per eccellenza
Ed egli trova la vita e scrive la vita di Gesù.
Ecco dunque «La Storia di Cristo».
Chi non conosce la storia di Cristo? Chi non sa della vita di Gesù?
Le vite è le storie dell'Uomo-Dio sono sempre eguali e sempre infinite. Per venti secoli di stotia, anno per anno, la meravigliosa storia del Biondo Nazareno ha rischiarato di una luce sempre vivida la ristrettezza e la pienezza dei tempi, con una potenza d'idea e dì impulso che ha veramente del soprannaturale. Cristo nasce, vive, soffre e resuscita in ogni secolo, in ogni anno, ad ogni mattino, sempre, sul mondo che non l'ha conosciuto e l'ha crocifisso, che ancora non lo conosce e lo crocifigge, poichè «non sa quello che fà». Ma la vita di Cristo é la vita dell'umanità. Egli riempie della sua divina umanità tutto il cuore del mondo. La sua passione è quella del mondo; per Lui il mondo resuscita e si rinnova. Nel dolore, come nella Passione. Ma in una luce di gloria, come nella Resurrezione.
Così l'Uomo-Dio, resuscitando, fa risorgere anche il mondo, in Lui e per Luì. Così Egli è la via, la verità e la vita.
Giovanni Papini andò in cerca affannosamente di questa via, di questa verità e di questa vita. La instabilità stessa del suo pensiero, ognora vagolante per le sfere di tutte le concessioni filosofiche e di tutti i sistemi critici della scienza mondiale, si trovò d'un tratto al bivio inevitabile del suo cammino: e continuare nell'instabile vagabondaggio della esperienza multiforme e tormentosa, o indirizzare la propria vita sulla via della verità. Cercare, insomma, una mèta sicura; incamminarsi verso questa con tutta l'anima.
Allo sguardo del vagabondo la mèta, d'un tratto, apparve in tutta la sua luminosità.
La via fu segnata senza esitanze, e il pellegrino si mise in cammino con fede incrollabile. Così la mèta fu conseguita con volontà tenace e la verità gli si fece manifesta in tutta la sua grandezza.
L'umile del vangelo disse una sola parola: «Credo». E la verità rischiarò l'anima sua.
Anche Giovanni Papini, nella solitudine della campagna, lungi dalle distrazioni mondane, con la mente adagiata sopra un unico libro disse: «Credo». E col vangelo alla mano e nel cuore, scrisse la «Storia di Cristo». Fu umile, ma fu grande. Fu esaltato nella sua stessa umiliazione, come aveva promesso Gesù. E superò se stesso, vincendo se stesso, forse in un martirio indicibile. Poichè Papini non è un uomo leggero. Egli vuole essere un eroe e un conquistatore; come tale, egli vuole passare attraverso il martirio di se stesso. Non importa: egli è anche disposto ad abbandonare tutto per ottenere il «tutto». Il «tutto», per lui, era ed è la verità. Così, come ad ogni creatura saggia. E di saggio, Papini, aveva l'anima ben fatta.
Tutti lo credevano tale: i credenti e i miscredenti.
In tal modo, oggi, un «Giovanni Papini» cristiano non fa meraviglia. Amante come egli era della verità, cristiano lo era ancor prima di professarsi tale.
Egli fu sempre cristiano, poichè in lui mai mancò la disposizione ad esserlo. Solamente possono ridete del fatto, gli scettici: quelli che non vogliono o non sanno credere che gli altri credano.
E' un convertito? Sia pure; noi gli tributiamo onore. Egli ha aperto gli occhi, quando molti — ma non del suo ingegno — li-hanno ancora chiusi.
Questa sua «Storia d Cristo» insegni.
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